All’Università La Sapienza di Roma il 16 Settembre 2022 un incontro dedicato al mondo della inclusione, della integrazione e della unificazione.
di Katia Arrighi
Come ad ogni incontro che modero mi piace ascoltare le persone, prendere appunti e fare delle riflessioni sul momento, ad alta voce, davanti al pubblico e poi nel privato di una scrivania con davanti il computer e con lo sguardo perso nella pioggerellina che oggi cade al nord.
Un tempo le riflessioni si facevano con i ritmi calmi di una lettera vergata elegantemente mentre oggi è tutto così di corsa, cosi frenetico che tutto ciò che facciamo vola nell’aria con la velocità di un battito di ciglia .
Il trascorrere del tempo è divenuto così percettibilmente veloce che fa apparire un evento del 16 settembre, quindi di pochi giorni fa, come già lontano nel tempo e nello spazio.
In realtà è stato un incontro che ha permesso a molti di noi di relazionare in uno dei più bei tempi sacri della cultura italiana dove persino i libri esposti nelle bacheche ai bordi dei corridoi trasudano di studi e di storia. “ lo Sport a 360 gradi…” Un titolo che è stato elaborato grazie alla sinergia costruttiva e fattiva fra il Master di diritto sportivo dell’Università Capitolina con il Prof Giorgio Sandulli e OINP– l'osservatorio italiano enti non profit.
Cosa è lo sport in realtà e come può lo sport permettere di integrare e includere nel miglior modo possibile tutti, non solo i disabili, ma anche i malati, gli anziani e le cd popolazioni speciali?
I relatori hanno esposto le loro testimonianze, le loro storie di vita, narrando a tratti episodi cosi emotivamente coinvolgenti da permettere che qualche lacrima scendesse nei volti dei presenti e degli ascoltatori in remoto e senza citarne nessuno in particolare per evitare di non poterli citare tutti, o più che una breve riflessione diverebbe un trattato lungo pagine intere , c’è una particolare riflessione che mi ha colpita e che faccio mia sulla quale vorrei porre un cenno di rimarco perché ha in sé la brillantezza del genio e l’assoluta percezione della reale portata dello sport per la creazione di un mondo migliore “ lo sport non deve essere solo inclusione o integrazione. Lo sport deve unificare”.
Non avevo mai riflettuto su questo aspetto : unificare.
Non più divisioni, non più ghetizzaziioni, non più inclusione o integrazione ma unificazione.
Frase illuminante che permette riflessioni sulle quali torneremo in un futuro brevissimo .
Per dovere di cronaca la frase è stata citata da Alessandro Palazzotti, vicepresidente nazionale di Special Olympics che di inclusione, integrazione e unificazione attraverso lo sport conosce i più reconditi e profondi misteri.
Un ringraziamento al Professor Sandulli per la collaborazione che continuerà anche con i tirocini perché Oinp si rende parte attiva a ospitare un alunno o una alunna del suo corso e al Direttore del corso il Professor Mezzacapo con il quale ho avuto il piacere e l’onore di intrattenere una moderazione congiunta.
La promozione dello sport inclusivo
[intervento di Silvia Sardi]
Buongiorno a tutti e grazie per avermi invitata a portare la mia esperienza di Manager dello Sport che ha vissuto la vita di atleta negli Sport Invernali, Giornalista, Ufficio Stampa ed ora Manager Sportiva, che si occupa di Comunicazione Sportiva e di Comunicazione Sportiva nello Sport Inclusivo.
Il ruolo della Comunicazione nello Sport è fondamentale, per le associazioni, per le società, per le federazioni e per gli sportivi/atleti, ma altrettanto importante e fondamentale è la promozione dello sport in tutto quel tessuto del mondo dello sport del paralimpismo e della disabilità sia a livello di società sportive che di federazioni.
Quando entri a contatto di questo mondo dal di dentro, scopri un tessuto territoriale vasto ed invisibile perchè purtroppo si conoscono ancora pochissime realtà e quelle poche le si conoscono perchè amplificate da atleti con disabilità che grazie alla loro performance ad eventi importanti ne hanno ampliato la cassa di risonanza e fatti diventare personaggi.
Ma la realtà è che, quando si entra a contatto con il territorio si scoprono tantissime realtà invisibili che avrebbero bisogno di diventare visibili x aiutare tanti ragazzi a praticare sport.
Ma come possiamo farlo? nel modo più coerente, con consapevolezza. A mio avviso, nel ruolo che ricopro, penso che ci sia bisogno di promuovere innanzitutto una Cultura dello Sport della disabilità e una Cultura della Comunicazione dello Sport per la disabilità. E quando parlo di Cultura la intendo nel senso più di Formazione.
Perchè una delle difficoltà è proprio il linguaggio, che è la prima forma di comunicazione. Perchè chi si avvicina a questo mondo, non sa come “chiamarli". Il mondo è vasto e diverse sono le disabilità.
Bisogna che le società, le federazioni si affidino a professionisti del mondo della comunicazione sportiva, perchè, allo stesso modo come avviene nel mondo dello sport dei normo dotati ( proprio perchè vogliamo inclusività) ci vuole qualcuno che sappia il come comunicare, il quando, il chi e il perchè. Ci vuole consapevolezza nel rispetto delle identità.
Al giorno d’oggi con l’utilizzo del Social il rischio di mandare messaggi sbagliati, fuorvianti, che lasciano spazio all’interpretazione dei Media e dell’opinione pubblica è molto facile.
Anche nel mondo della disabilità.
Se vogliamo che il Sistema Sport e Sport Disabili viva nella maniera più coerente trasmettendo i i giusti messaggi dobbiamo affidarci a figure sempre più professionali che affiancano società, Federazioni e sportivi.
Lo Sport è un potente involucro che può divulgare messaggi importanti. Ma è altrettanto importante che questi attori si affidino a dei professionisti dello sport perchè ci sono troppe realtà e troppi sportivi che non hanno dei professionisti riconosciuti della Comunicazione nello Sport che li seguono con la conseguenza di un’immagine all’esterno non adeguata all’identità.
Ho parlato di Consapevolezza e di Identità.
Bisogna creare Consapevolezza tra gli Atleti e le realtà che ruotano attorno allo Sport, ed è quello che sto cercando di fare in quel tessuto di territorio di cui ho parlato prima che mi da risposte proprio in questo senso.
Porto un esempio concreto di una ragazzina dello sci alpino con una particolare sindrome di down, ha la mosonomia del cromosoma 18.
Io porto lei come esempio perchè la sto conoscendo, sto conoscendo il suo mondo, le società alle quali si appoggia, le federazioni e la sua famiglia, e i professionisti nel mondo dello sport che la stanno supportando per farle superare i limiti dandole consapevolezza del proprio se, del proprio corpo, dei propri limiti che si possono superare.
E questo percorso lo sta facendo con un professionista, che in maniera consapevole conosce il mondo della disabilità in questo caso intellettiva.
Qua consapevolezza si unisce ad identità. Questa ragazzina ha la sua identità, e riesce ad esternarla grazie anche all’aiuto della famiglia, ma ad un messaggio che è arrivato perfettamente alla sottoscritta che un giorno di questo inverno ha letto un post che diceva : Qualcuno vuole pensare anche a noi disabili intellettivi?
Un grido.. di aiuto per essere visti.
Ecco che il mio compito, il nostro compito di comunicatori dello sport inclusivo, ora è di aiutare questa ragazzina e tutti quelli come lei a poter praticare il loro amato sci. E dobbiamo farlo anche noi con Coerenza, rispettando questa Consapevolezza e questa Identità.
Perchè Identità è come il mondo ti guarda, come tu vuoi che il mondo ti guardi
Una rivoluzione culturale
[Presidente AIAC ONLUS Marcello Mancini]
Cari studenti,
finalmente siamo quasi giunti al punto di introdurre il diritto allo sport nella nostra Carta Costituzionale e quindi ad attribuire ad esso il giusto rilievo come strumento di sviluppo della persona.
Si tratta di un passo importantissimo con cui siamo in procinto di colmare una gravissima lacuna atteso che la nostra fonte primaria del diritto ad oggi non contempla l’attività sportiva tra i diritti facenti capo alla persona umana. L’obiettivo perseguito, quindi, consiste nell’agevolare l’accesso allo sport sia per il benessere psicofisico che come opportunità di sviluppo sociale della collettività.
Vi ricordo che svolgere attività fisica, migliora la propria salute, riduce il rischio di ammalarsi con la conseguenza favorevole di assumere meno farmaci; non dimentichiamo che l’attività fisico- motoria produce un miglioramento sia a livello fisico (sonno, alimentazione, salute) che a livello psicologico (autostima, benessere, comportamenti aggressivi, ecc…).
Quando una mente sana è unita ad un corpo sano, migliorano le performance delle attività che svolgiamo quotidianamente (sportive e lavorative) perché si producono neurotrasmettitori quali la serotonina, le endorfine e la dopamina.
In qualsiasi gioco di squadra, rispetto agli sport individuali, l’inclusione (accettare la diversità, assicurare la partecipazione attiva e sviluppare pratiche di collaborazione), viene naturale, in quanto per giocare assieme devi obbligatoriamente entrare in relazione con il tuo compagno ed il passaggio del pallone diventa il primo elemento di relazione/comunicazione. Non è retorica dire che il calcio ha un linguaggio universale perché al suono di una palla che rotola non ci sono più differenze (colore, religione, lingua) ne diversità (abilità tecniche).
In Italia ad oggi manca una pari opportunità formativa che prescinda dalle abilità degli atleti. Mi spiego meglio: se una persona normotipica vuole praticare sport ha solo che l’imbarazzo della scelta, lo stesso però non è per le persone diversamente abili, in quanto le strutture sportive preparate ad accoglierli nel territorio sono poche, limitandoli così nella scelta e nella migliore delle ipotesi obbligando le loro famiglie a percorrere molti km, in quanto queste strutture non sono capillari nel territorio.
Non mi piace parlare di inclusione, più corretto è parlare di condivisione di spazi ed opportunità ed in questa direzione ritengo che in ogni Società Sportiva, ci dovrebbero essere a disposizione Allenatori/Istruttori che abbiano conoscenze in materia di disabilità.
A tal fine, l’AIAC (Associazione Italiana Allenatori Calcio) ha organizzato su mandato del Settore Tecnico Figc, il primo Corso per Allenatore di calciatori e calciatrici con disabilità della durata di 100 ore tra teoria, pratica e tirocinio per formare Allenatori preparati, non ammettiamo l’improvvisazione.
Sono pervenute da tutto il territorio italiano più di 800 domande e ne sono stati abilitati 55, tra le ore del programma didattico oltre a Tecnica e Tattica, Metodologia, Psicologia, Medicina e Regolamento di Gioco ovviamente adattate alle diverse disabilità, Aiac ha pensato di inserire delle ore riguardanti gli Aspetti Giuridici e i Diritti delle persone con disabilità. Inoltre Aiac Onlus ha dato vita ad un progetto definito “Blu”, che prevede l’invio per due sabati al mese, in ogni Regione, di Allenatori licenziati nel Corso suddetto, al fine di allenare ragazzi e ragazze con disabilità che, per la motivazione sopra esposta, non ne hanno la possibilità.
Quello che Vi si chiede è di fare una “Rivoluzione” dal punto di vista culturale aprendo la mente verso tutto e tutti senza discriminazione alcuna.
Buono studio e non smettete mai di essere curiosi e di aggiornarvi.
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