Di Katia Arrighi
Le emozioni per la chiusura di questo evento mondiale sono tante e molte sono difficilmente esprimibili per mezzo di parole scritte.
Le parole possono trasmettere molto delle nostre sensazioni e delle nostre emozioni ma spesso ciò che proviamo è qualcosa di talmente profondo che non traspare appieno e, altrettanto spesso, chi legge mette le proprie sensazioni e le proprie emozioni.
Quante volte è capitato a tutti noi di scrivere un messaggio e sentirsi rispondere dall’altra parte con tono stizzito perché chi leggeva era convinto noi fossimo arrabbiati?
O quante volte ci è capitato di scrivere qualcosa di assolutamente normale nella nostra mente mentre è stato poi oggetto di fraintendimenti dall’altra parte?
Capita. Capita spesso perché le parole che scegliamo sono i mezzi che noi usiamo per comunicare al mondo. Ma il mondo legge quelle parole trasportando in esse il proprio di mondo.
Le paralimpiadi sono state un crogiolo di emozioni, sensazioni, odori , sapori cosi forti da essere una esperienza che consiglio a tutti nella vita.
Io vidi, insieme ad Alessandra Bulgheroni, le olimpiadi invernali di Torino 2006 ma, lo ammetto candidamente, non avevo ben compreso il senso e la portata della visione del Presidente Pancalli e del movimento paralimpico che stava nascendo ed era ancora in embrione gestionale.
Il Comitato Paralimpico è nato nel 2017 ma già da prima il processo per la sua costruzione era partito nella mente della dirigenza paralimpica.
Dovrei spiegare chi è Pancalli ma lo do per superfluo e conosciuto a chiunque lavori, operi, insegni o semplicemente ami il mondo dello sport: è il presidente del Comitato Italiano Paralimpico, il padron delle Paralimpiadi italiane e il detentore di un primato assoluto nel nostro paese: avere portato la televisione italiana di stato, la Rai, alle paralimpiadi con trasmissioni continue e presenti per tutta la durata della manifestazione.
Perché è importante la televisione ?
Perché è attraverso le immagini che il nostro cervello elabora le informazioni e vedere i ragazzi e le ragazze disabili gareggiare e mostrare le loro imperfezioni permette a tutti di considerare le diversità come qualcosa di assolutamente integrabile nel nostro mondo.
Io faccio sempre l’esempio delle mie due nipoti, gli splendidi elfi di mia sorella, di 11 e 8 anni.
Per loro un bimbo disabile non è differente da un bimbo normo, semplicemente magari fa solo un pò piu fatica a fare le cose o è piu lento (e neppure in tutti i casi ovviamente) ma giocano senza grandi problemi con bimbi disabili o bimbi di gradazioni epidermiche differenti dal bianco latte che hanno loro.
Suvvia, non diciamo fesserie: noi non lo facevamo. Un bimbo disabile era una cosa strana che mettevamo da parte e che consideravamo un poverino “, se a Milano o un “poveraccio “ se a Roma.
I primi esseri umani scuri di pelle nella nostra infanzia erano qualcosa di “esotico” e io il primo che vidi lo vidi in spiaggia che urlava “ coccobello “ sulla sabbia della riviera ligure sotto il sole cocente delle nostre vacanze da bambini.
Tutta questa integrazione e inclusione io nella mia generazione non l’ho mai trovata e invece la ritrovo nella generazione degli elfi di mia sorella che l’altro giorno in spiaggia giocavano a sitting volley con una bimba disabile e gioivano di ogni punto fatto come se fosse la cosa più naturale del mondo, mentre la bimba rideva allegramente.
Le medaglie sono state tante, tantissime, più che a Tokyo , ma le medaglie non sono la cosa più importante; servono solo a dimostrare la propria potenza al mondo perché il cervello umano viaggia a punti, premi e medaglie.
Il grande lavoro del Comitato paralimpico è stato quello di iniziare un percorso di cultura del Paese, in un paese che un tempo diede i natali a Leonardo da Vinci e ora piange in tv per qualsiasi cosa. Il nostro paese ha bisogno di cultura e di personaggi che con la forza di volontà questo Paese lo possono cambiare. Il Comitato Italiano paralimpico realmente ha creato cultura nel Paese, una cultura positiva, una cultura di inclusione e integrazione.
L’hanno capito tutti?
No, assolutamente no e ci mancherebbe.
Il giorno che tutti capiscono qualcosa come minimo arriva Dio dall’alto dei cieli dicendo “no, aspetta, c’è qualcosa di sbagliato. Se tutti hanno capito oggi finisce il mondo”:
E’ normale che ci sia ancora qualche supidino che non capisce o è normale avere qualche maciste un po’ imbecille che se la prende con i più deboli perché fa parte dell’animo umano cercare di essere superiori a chi si crede più debole di noi.
Io un giorno fui attaccata verbalmente da un uomo e quando mi difesi lui scappò mentre io gli urlavo “vieni qui che non ti faccio niente". Perché gli uomini sono cosi: forti con i deboli e deboli con i forti.
Ma non possiamo abbatterci se c’è ancora qualche stupidino che non capisce. C’è tempo per migliorare tutti quanti insieme. E Parigi 2024 è stata una meravigliosa parentesi di questa SCUOLA DI CULTURA PER IL PAESE
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