Di Avv. Emanuela Mirella De Leo
Esport, intelligenza artificiale e analfabetismo cognitivo delle vecchie generazioni: la sfida della comunicazione intergenerazionale
Nei giorni scorsi, parlando in una scuola media di Esport, ho avuto modo di assistere a un fenomeno singolare: dialogando di attività videoludiche con gli studenti ho riscontrato molto interesse con domande interessantissime poste con terminologia propria; al contrario, nel volto dei docenti si leggeva un quasi generalizzato disorientamento davanti a parole come "streammare” “MOBA” “proplayer” e “Esport” appunto.
Eppure i docenti in questione erano mediamente “giovani”, istruiti e ragionevolmente genitori di ragazzi in età adolescenziale/ giovanile.
Questo porta a una riflessione sugli Esports: un termine che, per le “vecchie” generazioni, suona come un idioma alieno, un mondo incomprensibile dominato da schermi luminosi e dita frenetiche su controller, fatto solo per “giocare” e, peggio, per “perdere tempo”.
Dall'altra parte, per i più giovani, rappresenta una realtà tangibile, un universo competitivo ricco di adrenalina e passione, dove l'intelligenza artificiale assume un ruolo sempre più preponderante anche come prospettiva occupazionale.
Come comunicare, dunque, quando il linguaggio stesso diventa un ostacolo? Da un lato, i "nativi digitali", immersi fin dalla nascita nella cultura digitale, padroneggiano un lessico specifico, ricco di acronimi e riferimenti a videogiochi e tecnologie che ai loro predecessori risultano incomprensibili. Dall'altro, le vecchie generazioni, spesso restie ad abbracciare il cambiamento, si sentono escluse e alienate da questo nuovo modo di comunicare.
Non si tratta di semplice ignoranza, ma di un vero e proprio "analfabetismo cognitivo"; le nuove tecnologie, infatti, richiedono modalità di apprendimento e di elaborazione del pensiero differenti rispetto al passato. La sfida, dunque, è quella di colmare questo divario, creando ponti di comunicazione intergenerazionali. Sfida che travalica i confini degli Esports in sé, ma che abbraccia, nella “società liquida” descritta dal sociologo Zygmunt Bauman, i legami liquefatti che lasciano facilmente spazio alla dipendenza, al narcisismo individuale e alla commercializzazione dei sentimenti che, se non veicolati, trovano terreno d’elezione proprio nei mondi virtuali.
Attenzione però: i “vecchi” tendono a demonizzare la tecnologia e i suoi prodotti acriticamente scordandosi che questi ultimi sono un mezzo. Né più né meno.
Piuttosto il problema dei ragazzi sono la solitudine, la mancanza di comunicazione e l’alienazione e la rete Internet e il social diventano una via di uscita in cui rifugiarsi usando strumenti conosciuti, con cui hanno “confidenza” anche nel linguaggio, capaci di soddisfare le loro esigenze.
Da questo occorre partire per promuovere un dialogo, in cui entrambe le parti si sforzino di comprendere l'altro “scambiandosi le esperienze”, colmando il gap generazionale. Le vecchie generazioni devono mostrare interesse per le passioni dei più giovani, cercando di apprendere il loro linguaggio e le loro abitudini, senza banalizzare. I nativi digitali, a loro volta, possono adottare un linguaggio più accessibile e paziente, adattandosi al ritmo e alle capacità di comprensione dei loro interlocutori.
In questo, proprio la tecnologia e l’intelligenza artificiale possono essere utilizzate come strumento di mediazione, sfruttando piattaforme online e social media per creare spazi di interazione e confronto. Tutorial, video esplicativi e guide possono facilitare la comprensione di termini e concetti specifici del mondo virtuale, siano essi Esport ma non solo.
Al termine dell’incontro presso la scuola media molti dei presenti hanno manifestato la necessità di saperne di più, organizzando eventi e attività per persone di diverse età favorendo la condivisione di esperienze e la creazione di legami intergenerazionali. Tornei di eSport aperti a tutte le età, workshop di gaming per le famiglie, o eventi di educazione digitale per le persone anziane sono solo alcuni esempi.
Colmare il divario generazionale non è un compito facile, ma è fondamentale per costruire una società coesa e inclusiva. In questo l'Esport, con la sua capacità di coinvolgere persone di tutte le età, può rappresentare un terreno fertile per la sperimentazione di nuove forme di comunicazione e di apprendimento intergenerazionale. In un mondo in continua evoluzione, la chiave per il futuro è la reciproca comprensione e l'abbattimento delle barriere cognitive.